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Agcom lancia il nuovo Codice di condotta e l’Albo per gli influencer: cosa cambia nel mondo social

Da anni si sente dire che occorre disciplinare le attività degli influencer, non solo per ciò che riguarda l’aspetto fiscale, ma anche per la trasparenza dei contenuti. Ebbene, lo scorso agosto l’Agcom (Autorità garante delle comunicazioni) ha approvato il Codice di Condotta per gli influencer che mira a garantire il rispetto delle disposizioni del Testo unico sui servizi di media audiovisivi che gli influencer sono chiamati a rispettare. Il nuovo Codice paragona gli influencer a tutti gli altri autori di prodotti di immagini e suoni. Il Codice contempla tutte le materie a cui gli autori sono tenuti a osservare: rispetto della dignità umana (divieto di istigazione alla violenza o all’odio razziale, divieto di discriminazione), tutela dei minori e delle categorie vulnerabili e pubblicità.

Influencer e normativa, ecco il Codice di Condotta

Le misure si applicano agli influencer “rilevanti”, cioè a quelli che raggiungono 500.000 follower, o un numero di visualizzazioni medie mensili pari a un milione su almeno una delle piattaforme di social media o di condivisione video utilizzate.

Le nuove norme hanno come obiettivo quello di responsabilizzare gli influencer rispetto ai loro contenuti. Infatti, con la crescita degli iscritti alle piattaforme (Instagram prima e TikTok poi), anche l’influencer marketing ha raggiunto valori di mercato alti, tanto che anche conduttori e conduttrici tv fanno pubblicità sui social media e marchi di svariati settori hanno aumentato i propri investimenti nella comunicazione social.

Con il Codice di condotta arrivano le prime norme per chi fa pubblicità sui social media. In Europa infatti non esiste una legge comune per l’influencer marketing, ma nel corso di questi ultimi due anni a Bruxelles sono stati approvati regolamenti e direttive per gli stati membri. In ordine di tempo gli ultimi due provvedimenti riguardano il Regolamento sulla pubblicità politica e la Raccomandazione del Consiglio al sostegno degli influencer in qualità di creatori di contenuti online nell’Ue. Con il Regolamento sulla pubblicità politica, chi fa politica – oltre a proteggere i dati personali – ha l’obbligo di fornire ai cittadini gli strumenti per riconoscere i messaggi di pubblicità politica, per comprendere chi ha pagato per produrli e per capire se erano destinati proprio a loro. Per quanto riguarda il sostegno agli influencer, il Consiglio invita gli stati membri a dialogare con le personalità social e sviluppare politiche responsabili per il pubblico.  

Entrambi gli atti sono stati recepiti dal Codice di condotta e all’inizio del mese sono state aperte le iscrizioni per gli influencer rilevanti.

In Italia l’influencer marketing ha toccato tutti i canali social

In Italia, secondo il rapporto “Scenari ed evoluzione dei contenuti sponsored”, nell’ultimo semestre gli investimenti nell’influencer marketing hanno raggiunto i 352 milioni, con una crescita del 9%. 

Le attività di pubblicità hanno abbracciato tutti i social media, anche se Instagram, TikTok e YouTube sono stati quelli più battuti dai marchi. Infatti, su Instagram i post nati dalle collaborazione sono cresciuti dello 0,4%, le interazioni generate sono cresciute del 9,8% e le interazioni per post del 9,1%. TikTok ha registrato risultati sul fronte delle performance soprattutto nei settori della bellezza (32,1%) e della moda (21,3%). YouTube si è dimostrato come il come il canale sorpresa, dato che i video sponsorizzati sono cresciuti del 27% e le visualizzazioni del 17%. Gli shorts restano tra i formati più graditi dagli utenti e, come per TikTok, il settore della bellezza è uno dei più seguiti. Ma che cosa spinge gli utenti a seguire un personaggio fino ad affezionarsi? Quasi la metà del pubblico social segue i creator per interesse degli argomenti specifici e più del 28% per intrattenimento. L’autenticità, per più del 48% degli intervistati, rappresenta un fattore chiave per la scelta di un influencer, così come il valore educativo dei contenuti e l’affinità con i propri valori e le proprie convinzioni.

Dunque, grazie all’aumento delle attività di creazione dei contenuti, i social media sono diventanti degli strumenti di comunicazione di massa al pari della televisione e della radio e il l’Agcom ha deciso di scrivere un Codice per tutelare il pubblico attraverso la responsabilità degli autori dei contenuti. Infatti, nonostante esistano regolamenti interni dei social media, il Codice riveste un valore ufficiale perché detta delle norme di condotta per chi fa attività promozionali.  

Sia prima che dopo il pandoro gate, le autorità di competenza hanno diretto la loro attenzione sulle attività degli influencer. Nel caso di Luca De Stefani (alias Big Luca), l’Autorità ha accertato due pratiche commerciali scorrette e ha comminato una sanzione di 60mila euro. La prima pratica consiste nel promuovere enfaticamente, in rete, guadagni facili e sicuri anche ricorrendo ad affermazioni ed endorsement – questi ultimi da parte di brand, testate giornalistiche, reti e programmi televisivi – non immediatamente verificabili, senza utilizzare, peraltro, nelle comunicazioni commerciali alcuna dicitura di advertisement e senza evidenziare adeguatamente elementi rilevanti per le decisioni di acquisto. La seconda pratica consiste invece nel vantare, sempre nell’ambito delle comunicazioni commerciali, una popolarità falsata dalla presenza di follower non autentici sul profilo Instagram utilizzato e di testimonianze e recensioni esclusivamente positive e non immediatamente verificabili.

Per Michele Leka l’Antitrust ha accertato una pratica commerciale scorretta, con sanzione di 5.000 euro, consistente nel pubblicare foto e video sulla piattaforma social TikTok per offrire indicazioni e consigli di facile attuazione così da ottenere significativi risultati economici.

Tutte le novità del Codice

Dalla classificazione di influencer alla correttezza dei contenuti, il Codice di condotta contempla tutte le attività social.

La novità più rilevante delle nuove disposizioni riguarda la innanzitutto la definizione di influencer, cioè di soggetto che svolge “un’attività analoga o comunque assimilabile a quella di un fornitore di servizi di media audiovisivi, il servizio fornito è accessibile al grande pubblico, raggiunge un numero significativo di utenti sul territorio italiano e ha un impatto rilevante su una porzione significativa di pubblico”.

Il codice poi distingue i soggetti tra gli influencer che operano continuativamente da quelli che operano in maniera meno continuativa e strutturata e non raggiungono le soglie stabilite, ai quali non appare giustificata l’imposizione delle disposizioni previste. Gli influencer rilevanti debbono essere iscritti in un apposito albo, mentre quelli che lavorano in maniera non continuativa non ne sono soggetti.

Ma la pubblicità è una tematica che spesso è finita al centro di tante inchieste e con le nuove norme gli influencer sono tenuti a rispettare l’apposita segnaletica all’inizio e alla fine di un contenuto. Ovviamente sono previste delle pene per gli influencer che violano le regole, con sanzioni amministrative, indicate nel DPR 445/2000, che possono arrivare fino a 250mila euro, o a un massimo di 600mila nei casi più gravi (coinvolgimento minori).

Il dibattito sull’iscrizione all’albo

Intanto, lo scorso 6 novembre l’Agcom ha aperto l’iscrizione online per gli influencer rilevanti che intendono inserire il proprio nome nell’apposito albo. Secondo l’Autorità, gli influencer che superano 500mila follower o 1 milione di visualizzazioni mensili hanno un livello di impatto sul pubblico tale da essere soggetti a delle regolamentazioni simili a qualsiasi altro autore di opere audiovisive. Anche se Agcom ha detto che terrà dei corsi di formazione professionale per gli influencer l’iscrizione all’albo non ha la stessa valenza di un’iscrizione a un’ordine professionale. L’albo non è ancora pubblico ma si stima che circa 2 milioni di influencer debbano iscriversi, anche se sono solo content creator e non guadagnano nulla dai social media.

Ciò che ha fatto discutere però non è solo il limite stabilito, ma anche la forma di controllo che secondo alcuni limita la libertà di espressione. Le reazioni social sono state di diverso genere. C’è chi come il sindaco di Corbetta (provincia di Milano) Marco Ballarini ha condiviso un post curioso per celebrare l’iscrizione (una foto con il modulo sullo schermo del computer). Altri come Andrea Verzon (candidato alle elezioni regionali in Veneto con Avs) hanno espresso la propria contrarietà all’iscrizione nonostante possa incorrere in sanzioni. Reazione negativa anche da Charlotte Matteini perché secondo la podcaster il Codice paragona gli influencer a colossi come Mediaset. 

C’è da dire che è ancora presto per stabilire che effetti darà il Codice di Condotta, ma quando si interviene nella comunicazione di massa il dibattito si spacca tra chi difende il buoncostume e chi grida alla censura.

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