Un influencer non è solo un creatore di contenuti che, una volta raggiunto un certo seguito, acquisisce l’ambìto status di personaggio pubblico. L’influencer è infatti un potente strumento pubblicitario, il trait d’union tra consumatori e aziende. Lo strumento pubblicitario più veloce, potente e virale degli ultimi decenni. Ecco perché, oggi più che mai, conta essere credibili: un influencer “etico” oltre ad essere – per l’appunto – influente, deve essere soprattutto credibile. Le regole di trasparenza, scritte e non scritte, si applicano a tutti: dal nano al macro influencer.
Influencer e trasparenza nella sponsorizzazione dei prodotti
Come ormai sappiamo tutti, un influencer guadagna soprattutto attraverso le collaborazioni a pagamento con le aziende. L’importante è segnalare sempre che si tratta di un’attività retribuita, come stabilisce il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Che si tratti di un post o di una story, di una foto o di un video, l’influencer dovrà sempre inserire tutti quegli hashtag esplicativi – in inglese e/o in italiano – che consentano di identificare la natura pubblicitaria del contenuto. Gli hashtag vanno da #giftedby o #suppliedby – se si tratta di un prodotto o di un’esperienza (ad esempio una vacanza) fornito/regalato dall’azienda – fino agli hashtag pubblicitari veri e propri come #ad, #adv, #advertising, #pubblicità o #paidpartnership. Ciascuno di noi può verificare se questa regola è stata rispettata.

Influencer e la responsabilità verso i propri follower: cosa bisogna considerare
Il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, inoltre, prevede altre regole da seguire in materia di etica e di trasparenza a carico dell’influencer, nei confronti dei propri follower. Dalla corretta presentazione di dati statistici e scientifici a supporto della comunicazione pubblicitaria, fino all’autenticità delle testimonianze. E ancora: il divieto di veicolare messaggi volgari e violenti; il divieto di offendere convinzioni morali e religiose; il divieto di ogni forma di discriminazione, inclusa quella di genere; una particolare attenzione per i messaggi rivolti a bambini e adolescenti; altro divieto di grande attualità, infine, è quello legato alla pratica scorretta del greenwashing.
È proibito anche l’acquisto di follower e l’utilizzo di software in grado di gonfiare il flusso di like e commenti. In molti casi, poi, è prevista la necessità di avere un’idonea copertura assicurativa per eventuali danni causati durante il periodo di collaborazione. Questo elenco così dettagliato – da un lato – contribuisce ad allineare l’advertising via social ad altre forme più tradizionali di comunicazione pubblicitaria.
Dall’altro, ha anche una funzione educativa e di responsabilizzazione nei confronti dei creator più giovani, i quali potrebbero non essere consapevoli di eventuali criticità presenti nei loro contenuti. È in questi casi, dunque, che viene fuori l’importanza del ruolo ricoperto da agenzie di comunicazione e/o di talent management, che avranno come priorità la totale aderenza agli strumenti normativi in vigore (inclusa la normativa sulla privacy).
Influencer e le aziende: come creare una partnership etica
Quali sono i settori più attenti al rispetto delle regole? In Italia, in base ad uno studio di Buzzoole, è la moda il settore più attento, seguito da cosmetica e tecnologia. Il rispetto delle regole, tuttavia, non si sostanzia esclusivamente nell’inserimento di hashtag esplicativi. Sia per l’influencer che per le aziende è fondamentale che ci sia una comunione di interessi e di valori, sempre nel rispetto dei diritti dei consumatori. Il creator, infatti, deve salvaguardare la propria credibilità e il rapporto con la community di riferimento, mentre il brand vorrà ottenere un buon ritorno dal proprio investimento (ROI).
Una collaborazione tra influencer e azienda, dunque, sarà il frutto di uno studio reciproco di opportunità e convenienza. Un influencer dovrà sempre essere in grado di generare valore e arricchire l’esperienza del pubblico, mentre l’azienda sceglierà i creator più in linea con il proprio stile e la mission aziendale, per migliorare la propria reputazione e mai per danneggiarla. In queste situazioni i nemici di una partnership etica sono l’improvvisazione e il voler cavalcare a tutti i costi le mode del momento.

Influencer e sponsorizzazioni: consigli e best practice
Ci sono diversi esempi di partnership di successo tra influencer e aziende. Iniziamo dal gigante dell’e-commerce del settore moda ASOS, che pone da anni l’influencer marketing al centro della propria strategia. Un gruppo di giovani influencer accuratamente selezionati – definiti “insiders” – diversi tra loro sia per lo stile che per la fisicità, sono stati ingaggiati per dare nuovo slancio agli account social di ASOS, intercettando soprattutto la Gen Z.
Il successo delle attività di influencer marketing di ASOS risiede innanzitutto nell’essere una strategia long term, cioè di lungo periodo. Il compito di individuare i migliori talent è poi affidato ad un team dedicato interno all’azienda. Follower e like non sono gli unici parametri presi in considerazione. I valori dei creator selezionati devono essere in linea con il purpose e la mission aziendale. Porte aperte alla diversità e all’inclusione. Altrettanto importante, infine, è la multicanalità: non solo Instagram e TikTok, ma anche Twitter e Pinterest.
Un altro esempio di successo è L’Oréal Paris, che ha adottato un approccio simile attraverso relazioni contrattuali di lungo periodo con alcuni influencer di alto livello. Il marchio considera i membri della sua “beauty squad” come dei veri partner, piuttosto che come semplici canali pubblicitari. La collaborazione professionale si è trasformata – in questo caso – in un esercizio di co-branding tra L’Oréal Paris e ciascun influencer. Se sei interessato ad approfondire l’argomento, sul sito corporate dell’azienda è presente una pagina interamente dedicata alla policy aziendale in tema di influencer marketing, inclusa una carta dei valori scaricabile da chiunque.
I pericoli dell’esagerazione nella sponsorizzazione per gli influencer
Ci sono poi degli imprevisti che, tuttavia, in alcuni casi, possono invece essere previsti. Ingaggiare come brand influencer o brand ambassador il personaggio del momento, ma con una personalità fuori dagli schemi, cioè genio e sregolatezza, può comportare dei rischi. Il caso più celebre e recente riguarda Kanye West (o più semplicemente Ye), rapper-stilista-artista dai numeri impressionanti. Nei mesi scorsi, dopo aver indossato la t-shirt con la tanto discussa frase “White lives matter” e alcune esternazioni antisemite, le aziende coinvolte in collaborazioni artistiche e commerciali hanno bruscamente interrotto ogni sodalizio con l’artista.
Ciò si è ovviamente tradotto in mancati introiti per i brand e in conseguenze legali di vario tipo. E si sta parlando di brand come Adidas, Gap, Balenciaga e Foot Locker, quindi di molti milioni di dollari. Attenzione e prudenza, dunque, dovranno sempre andare a braccetto: sia nella scelta dell’influencer più adatto che nella stesura del contratto di collaborazione.