Milanese, classe 1985, Carolina Casolo dal 2011 è consulente fiscale e previdenziale specializzata in diritto tributario e inquadramenti fisco-previdenziali, esperta di startup e delle discipline che regolano il mondo del lavoro autonomo.
Under 40, ha fondato e gestisce realtà affermate di consulenza con un approccio rivoluzionario capace di leggere e anticipare un mercato del lavoro in continua evoluzione. Ha ideato il primo player digitale italiano per ottenere supporto su servizi di welfare ed è esperta in numerosi campi ancora inesplorati o che registrano vuoti normativi: dalle nuove professioni legate al digitale al diritto d’autore su piattaforme online come Twitch, Onlyfans & YouTube; dagli NFT alle Crypto, fino alla regolamentazione del Metaverso.
L’abbiamo intervistata e questo è quello che ci ha raccontato.
Carolina, dal 2011 consulente fiscale e previdenziale esperta di startup, quando e perché hai deciso di portare il tuo lavoro anche sui social?
Sono una consulente fiscale e previdenziale dal 2011 e ho sempre svolto questa attività in modo tradizionale, finché nel 2013 mio fratello Giacomo, digital marketer, mi ha consigliato e successivamente supportato nell’evolvere la mia attività verso il digitale per poter precorrere i tempi e dare il tempo necessario al mio settore di potersi adeguare all’innovazione tecnologica. Ho deciso quindi di intraprendere questo percorso ispirandomi anche al trend di trasformazione del mondo del lavoro costellato dalla nascita di sempre più frequenti nuove attività digitali e circoscritto anche da un contesto comunicativo innovativo.
È stato quindi un percorso molto lungo, non subito compreso dai clienti e in molti casi nemmeno da chi lavora nel mio stesso settore. Posso dire che ad oggi, non sono comunque ancora pienamente operativa su tutti i canali social, mi sto concentrando molto su Instagram e in particolare sullo strumento dei reel. In estremo ritardo col settore stesso del digitale ho poi aperto solo da quest’anno un canale YouTube.
A questo mio percorso, si affianca poi la questione della nascita di un numero davvero elevato di professioni digitali non supportate da una normativa e da uno specifico inquadramento fisco-previdenziale. Mi sono quindi inserita in questo specifico filone di settore, traducendo e trasportando la mia professione da tradizionale a digitale a tutto tondo.
È importante sottolineare che la mia professione è molto tradizionale e generalmente applicata ad un ambito particolare che riguarda la burocrazia e il fisco italiano, la previdenza o ancora ad esempio gli adempimenti contabili. Per poter tradurre tutto questo in maniera smart, tramite l’uso di contenuti social, è fondamentale rispettare degli standard di qualità e correttezza altissimi, per cui il lavoro che ne consegue è impegnativo e richiede tanto tempo, attenzione e studio.
Come si fa consulenza fiscale e previdenziale sui social? Qual è lo storytelling che utilizzi?
Io utilizzo i Social per offrire una sorta di alfabetizzazione fiscale, cioè fornisco informazioni e contenuti gratuiti che possano servire alle persone che vogliono sapere come avviare in modo autonomo nuove professioni quali lo sceriffo del metaverso, il loyalty tester, il creator o ancora come utilizzare in regola con il fisco piattaforme quali Vinted, OnlyFans, YouTube o Twitch.
Di fatto si tratta di una vera e propria consulenza fiscale, che va ad impattare su aspetti molto tecnici e si traspone a livello social come una comunicazione molto differente rispetto a quella che utilizzerei in studio, una comunicazione più diretta perché i tempi sono estremamente ridotti. Inoltre, c’è necessità di utilizzare un tono informale che si discosta nettamente da quello che invece appartiene alla mia professione e non parlo solo dei veterani in tal senso, ma anche dei colleghi più giovani.
Infatti, la consulenza fiscale richiede una certa ampollosità nei termini, una complessità nella spiegazione dei contenuti. Tutto questo si pone agli antipodi rispetto alla comunicazione social, dove è fondamentale essere trasparenti, diretti, competenti, chirurgici, insomma si parla di qualcosa di davvero complicato.
Ad ogni modo, il presupposto da cui traggono origine i contenuti che sviluppo e offro sui miei canali social non ha nulla a che fare col profitto: l’intento è unicamente quello di portare una maggiore alfabetizzazione fiscale spiegando la mia materia in maniera chiara e diretta. Mi piace immaginarmi come una divulgatrice del fisco, lo stesso fisco che per me rappresenta prima di tutto una passione.
Infine, è doveroso evidenziare che alla questione dei social si affianca l’uso a volte troppo leggero che ad oggi si tende a fare di queste piattaforme. Ne consegue che spesso le persone carichino contenuti nei quali vengono date informazioni errate: per me tutto ciò che riguarda la correttezza dell’informazione è fondamentale, proprio per questo cerco di essere il più semplice e trasparente possibile.
Quali sono le domande che ti vengono rivolte più spesso dai creator?
Le domande che mi vengono poste sono soprattutto inerenti a quando aprire la partita IVA, o ad esempio a quando sia necessario ricorrere a prodotti come la prestazione occasionale. I dubbi riguardano spesso anche le soglie limite per l’apertura di partita IVA o chi può fatturare nel caso non si sia ancora raggiunta la maggiore età. In definitiva, le domande sono tutte molto simili tra loro e legate in special modo alla natura della partita IVA, e perciò quando e come aprirla.
In alcuni casi, mi riferisco ad esempio a personaggi famosi o comunque clienti con introiti molto alti, le questioni che si pongono sono diverse e legate ad esempio alla possibile apertura di una società e al suo eventuale funzionamento, o ancora a come introitare tramite quest’ultima e quando invece potrebbe essere più conveniente mantenere una partita IVA personale.
Questo tipo di domande rimanda a costruzioni giuridiche e fiscali più complesse, ma le questioni principali sono di fatto legate all’avviamento, che in Italia è la parte più complicata perché ci troviamo spesso di fronte all’assenza di normative e alla conseguente mancanza di un supporto chiaro e univoco di direttive in materia.
Twitch, YouTube, TikTok, quali sono i dubbi e le difficoltà ricorrenti di chi lavora con queste piattaforme?
I dubbi riguardano in particolare modo il tipo di redditività che si genera nell’utilizzare queste piattaforme, se si tratta di attività intellettuale, professionale o ancora di reddito di impresa, fino ad arrivare all’identificazione dell’attività vera e propria e a quando in modo correlato debba esserci una cessione di diritti d’immagine o autoralità.
Sono tante le domande che concorrono a creare confusione rispetto a queste piattaforme, che sono ormai le più affermate e sulle quali i content creators oggi lavorano, tutto nasce dal fatto che sono piattaforme straniere che in Italia non hanno una legislazione specifica.
In questi casi, gli inquadramenti fisco-previdenziali che propongo ai clienti sono corretti e ben studiati in a base soprattutto ad alcuni punti tra i quali: l’attività che viene svolta ovvero la prestazione offerta, qual è il modo in cui il cliente guadagna, se su prestazione, se tramite fee, se con delle referral o attraverso codici sconto. Partire da tutto ciò mi permette quindi di capire come inquadrare il potenziale cliente, anche solo ad esempio se come libero professionista o in quanto attività d’impresa.
Poi viene tutto ciò che è legato alla cessione dei diritti d’immagine o autoralità, che è molto impattante. Risale a pochi mesi fa ad esempio il caso di “Ciccio gamer”, che per anni ha guadagnato da YouTube senza dichiarare gli introiti attraverso partita IVA, ma assoggettando tutto a titolo di diritto di immagine e di conseguenza usufruendo di una tassazione estremamente conveniente e senza versare contributi previdenziali. Indubbiamente in quel caso specifico erano presenti dei presupposti chiari per comprendere che si stava applicando un inquadramento fiscale non corretto ed adeguato, dall’altra parte però non c’è una normativa ancora chiara.
Grazie alla collaborazione con Assoinfluencer rappresentata dall’avv.to Ierussi, associazione leader nel settore, che supporta influencers e creators, mi sto battendo per fornire allo Stato italiano delle direttive chiare su come applicare gli inquadramenti fisco-previdenziali, suddivisi per tutte le categorie appartenenti alla creator economy da i podcasters agli streamers, dagli YouTubers ai gamers finanche agli e-players, o ai performers di OnlyFans, portale che ad esempio presenta un ulteriore proprio funzionamento.
Ad oggi infatti, nonostante il gettito fiscale altissimo generato dalle persone che lavorano tramite queste piattaforme, lo Stato non ha preso una vera e propria posizione.
Proprio in questo periodo mi sto personalmente occupando di numerosi appuntamenti tra la Guardia di Finanza e alcuni miei clienti, i quali sono ovviamente accertati, al fine di verificare come la loro attività viene svolta sulle varie piattaforme. Presenzio sempre a questi appuntamenti munita di una relazione tecnica dove dettaglio i principi e la ratio degli inquadramenti fisco-previdenziali oltre che di tutta di tutta la documentazione a supporto, spiegando quindi la logica applicata per la gestione del tipo di attività in questione.
Leggi qui tutti i contenuti della rubrica a cura di Assoinfluencer.
Le professioni digitali sono ormai riconosciute ma la sensazione è che alla velocità di trasformazione del mondo digitale non abbia fatto seguito un adeguato intervento legislativo. E dal punto di vista fiscale e previdenziale invece? C’è una carenza informativa o poca educazione a queste tematiche?
Come già detto in precedenza, sicuramente in Italia la velocità con cui oggi nascono nuove professioni e attività digitali non è assolutamente supportata dalla velocità con cui gli enti preposti, nella fattispecie l’Agenzia delle Entrate, creano normative che supportino un successivo inquadramento fisco-previdenziale delle stesse, normative che ovviamente dovrebbero avere un impatto sia da un punto di vista fiscale che contributivo.
A questa mancanza si ritrovano spesso a dover supplire i professionisti, commercialisti e consulenti fiscali, che applicano studi e ricerche dedicate in materia al fine di poter fornire al cliente un inquadramento fisco-previdenziale che sia il più corretto possibile, sempre tenendo conto come il punto di partenza è di fatto anche il cuore del problema, ovvero l’assenza di una normativa di supporto.
Va sottolineato che ovviamente non tutti i professionisti e i commercialisti sono specializzati in ciò che riguarda gli inquadramenti fisco-previdenziali. Ne consegue spesso il generarsi di un’ulteriore problematica, il riferimento va a quei clienti che decidono di affidarsi a studi che in molti casi si occupano a livello maggioritario di questioni differenti da ciò che riguarda l’inquadramento dell’attività stessa.
Ciò che però mi preme di più sottolineare, che è di fatto una delle situazioni che mi stanno maggiormente a cuore e per cui mi sto battendo su vari livelli è la questione dell’alfabetizzazione fiscale, una mancanza di cui il nostro paese purtroppo soffre gravemente.
Molti sono gli esempi in questo senso, da coloro che sono dipendenti e faticano a comprendere il funzionamento della propria busta paga, fino ai possessori di partita IVA che si ritrovano comunque pieni di dubbi in merito alla propria posizione fiscale. Difficoltà a volte si riscontrano anche in ciò che riguarda la dichiarazione dei redditi o la gestione finanziaria di un cittadino che fatica ad utilizzare anche semplicemente il conto corrente.
Insomma, manca chiaramente la volontà di fornire servizi tramite i quali le persone possano apprendere ciò che riguarda le basi della formazione in merito al fisco e alla previdenza, un tema che nel mondo anglosassone è invece largamente sdoganato.
Ovviamente questa mancanza, che si è creata e che finisce poi per consolidarsi giorno per giorno, non fa altro che generare innumerevoli problemi in ambito fiscale.
Credo quindi che ci sia una reale necessità di sviluppare una riforma strutturale e completa da introdurre nelle scuole, per poter accostare il cittadino a questo tipo di cultura e formazione fin dalla giovane età.
Proprio per questo motivo sono responsabile di un progetto di alfabetizzazione fiscale all’interno del mondo universitario.
Ho selezionato personalmente un numero di atenei che già prestano attenzione alla formazione di giovani che desiderano svolgere in futuro attività autonome e mi occupo quindi di insegnare il funzionamento dell’attività autonoma post-laurea tenendo corsi e lezioni dedicate.
Le tematiche principali che affronto riguardano le possibilità che il mondo del lavoro può offrire e quindi in primis l’importanza di fare una scelta consapevole quando ci si trova davanti ad un’offerta di lavoro come dipendente o alla possibilità di apertura di partita IVA. Ne consegue la necessità di saper leggere e comprendere una busta paga o ancora saper scegliere il corretto inquadramento e conseguentemente essere in grado di gestire nel modo migliore la propria posizione IVA.
Insomma, si tratta di un’attività che per me è di estrema rilevanza, è qualcosa in cui credo fermamente e tramite la quale cerco di trasmettere almeno in parte la grande passione che nutro per il mio lavoro.