Grazie all’avvento dei social network, ognuno di noi, attraverso il proprio profilo social, ha la possibilità di esprimere liberamente la sua opinione su qualsivoglia tematica.
Tale libertà impone, tuttavia, di seguire delle regole di comportamento non scritte rispetto ai contenuti oggetto di pubblicazione, soprattutto se provenienti da influencer con milioni di follower in grado di influenzare le opinioni, i comportamenti e soprattutto le scelte del proprio target di riferimento che, generalmente, è molto giovane e facilmente condizionabile.
Gli influencer e la loro community
Infatti, secondo la definizione fornita dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria Italiano (cd. IAP) gli influencer sono “soggetti che hanno la capacità di influenzare i consumatori nella scelta di un prodotto o nel giudizio su un brand. Si tratta di soggetti che hanno acquisito particolare prestigio e autorevolezza per l’esperienza e la conoscenza maturata in un certo ambito o settore, come ad esempio noti blogger che hanno online un largo seguito di pubblico (followers)”.
È inevitabile, pertanto, che durante la pubblicazione dei loro post, video o stories gli influencer si trovino non solo a pubblicizzare prodotti o collaborare con brand ma, più spesso di quanto si pensi, anche a rendere note le loro opinioni sui più svariati argomenti finanche attinenti alla politica o all’attualità e, come anzidetto, la conseguenza è quella di “orientare” o “influenzare” il comportamento degli utenti.

Le responsabilità degli influencer
Proprio con riferimento ai profili di responsabilità degli influencer rispetto ai messaggi lanciati sui social network e alle conseguenze che ne possono scaturire, si è parlato del caso di un’influencer indagata con l’accusa di istigazione al suicidio per la pubblicazione di molteplici video contenenti delle “sfide ritenute estremamente pericolose” e in grado di poter essere emulate dai suoi follower, tra cui anche minorenni.
Nel mondo dei social si registrano episodi come questi, in cui la pericolosità del messaggio lanciato è particolarmente evidente ed altri che, invece, celano, seppur indirettamente, dei messaggi altrettanto pericolosi (i.e. diete alimentari).
Infatti, sebbene i social hanno progressivamente sostituito le forme di advertising tradizionale grazie alla spontaneità che li caratterizza, è necessario che questo modo di comunicare senza filtri sia preceduto da una valutazione circa le possibili interpretazioni e conseguenze che il messaggio diffuso dall’influencer potrebbe arrecare agli utenti.
Alla luce di quanto precede, quindi, l’influencer nell’ambito della propria attività professionale, al pari degli altri professionisti, dovrebbe attenersi a delle regole deontologiche che, allo stato, non sono imposte da alcun Codice Deontologico ma possono agevolmente ricondursi al buon costume.
La situazione attuale
Ma, ad essere responsabili, possono essere anche i gestori delle piattaforme social?
Il regime di responsabilità del prestatore di servizi di hosting è previsto dal D.lgs. n. 70/2003 – emanato in attuazione della Direttiva europea sul commercio elettronico 2000/31/CE – e, in particolare, gli artt. 16 e 17, i quali sanciscono l’esenzione da ogni responsabilità, a condizione che il prestatore non sia a conoscenza dell’illecito e che, non appena a conoscenza dei fatti, su comunicazione dell’autorità rimuova le informazioni.
Anche ad avviso della Corte di Cassazione “difetta un obbligo generale di sorveglianza o di ricerca attiva degli illeciti” atteso che “nell’ambito dei servizi della società dell’informazione, la responsabilità dell’hosting provider sussiste in capo al prestatore dei servizi che non rimuova immediatamente i contenuti illeciti quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni”, tra cui, “a) il prestatore sia a conoscenza dell’illecito perpetrato dal destinatario del servizio per averne avuto notizia dal titolare del diritto leso oppure aliunde” (Cass. civ. sez. I, n. 7708/2019).