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Il tempo dei Big Influencer sta per finire?

Dall’ultimo caso Balocco – Ferragni è emerso ancora più chiaramente il forte potere mediatico che big influencer e celebrities possiedono e che, se non supportato da una comunicazione corretta e trasparente, può incidere profondamente sulla percezione che gli utenti hanno di un brand, online così come offline.

Il rapporto costi-benefici

Nonostante Agcom abbia recentemente introdotto nuove linee guida per regolamentare i profili con oltre 1 mln di follower e un tasso di engagement di almeno il 2%, tenuti ora a evidenziare la natura pubblicitaria del contenuto in modo immediatamente riconoscibile, sorge spontaneo valutare più attentamente il rapporto costo-beneficio che risulta dal collaborare con queste figure.

Associare la propria immagine a personaggi noti del web e dell’entertainment può non essere sempre la strategia più vincente per raggiungere i propri obbiettivi di marketing. Se da un lato permette di veicolare prodotti e servizi a un ampio pubblico, dall’altro aumenta il rischio di incorrere in gravi danni di immagine che possono compromettere la credibilità del brand stesso.

“L’importante è che se ne parli”: falso

In tempo di social, il detto “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli” non è più un diktat, anzi. In un mondo dove ogni contenuto viene amplificato dalla condivisione e dove ogni utente ha la possibilità di esprimere un proprio giudizio online, risulta essenziale valutare attentamente la strategia di posizionamento e i profili a cui affidare la promozione del proprio brand sui canali social.

Se è da escludere un dietrofront del mercato dell’influencer marketing, che ha generato oltre i 300 milioni di fatturato nel 2023 e che non sembra volersi arrestare, risulta però essenziale affidarsi anche ad altri parametri per valutare l’efficacia di una strategia di Influencer Marketing.

Spesso le aziende vengono attratte principalmente dal numero di follower e dalla popolarità di un profilo, scegliendo di puntare su big influencer e celebrities, pensando di poter così raggiungere una redemption ottimale solo perché più noti.

Ma non sempre lavorare su fanbase più alte è sinonimo di una campagna efficace e i brand dovrebbero iniziare a integrare maggiormente, nella loro strategia, operazioni complementari su creator più piccoli, che offrono spesso una fanbase più autentica e coinvolta, interazioni trasparenti e intime con i loro follower. Legami genuini di questo tipo generano fiducia, stimolando le vendite e i tassi di conversione dei brand.

Il trend del 2024: i micro-influencer

Uno dei trend individuati per il 2024 è rappresentato proprio dalla crescita della centralità all’interno delle strategie marketing di queste figure, che si affiancheranno sempre più ai big talent in qualità di ambassador e brand lover. Ma qual è la “potenza” di affidarsi alla community di nano e micro-influencer?

Innanzitutto, i profili possono vantare un alto engagement all’interno della propria fanbase: 7,2% è infatti la percentuale di engagement rate medio. Un altro plus ormai essenziale è che i micro e nano influencer sono capaci di creare legami con la quotidianità di ciascuno, dando vita a un rapporto genuino capace di generare fiducia: i loro contenuti sono quindi vissuti come autentici e assumono tutte le caratteristiche di un moderno passaparola 2.0.

Inoltre, i micro e nano influencer vantano spesso una competenza fortemente di nicchia, che si rispecchia nella qualità della loro community: questo consente ai brand di targettizzare moltissimo l’ambito di competenza, integrando un approccio più mirato con un coinvolgimento molto più elevato che si traduce in maggiori conversioni.

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